Pensées Vertes!

   


rings in silver 925 and gold 750 with tourmaline, quarz, opal and sea stones 


Il nostro vivere in funzione al organizzazione di obblighi imposti.

Presuro!

di GianLuigi Saraceni


PRESURO

Rigirava la parola tra le gengive, biascicando soddisfatto: presuro, presuro, ecco cos'è, un futuro presente, un presente futuro, non ora, non dopo.
Dopora, oropo, borbottava gorgogliando. Il gatto lo guardava, non rispose, ma sembrava aver capito. Si voltò flessuoso, si lisciò con la lingua il pelo della zampa sinistra, poi la stese e la guardò soddisfatto. Estroflesse le unghie, le ammirò, si ricompose.
Il vecchio intanto ciabattando si diresse alla tastiera e chiese allo schermo:
“A che ora?”
“Come posso aiutarla?” rispose lo schermo.
“A che ora arrivano oggi?” ripetè il vecchio.
“Ripeta, la prego. Non ho capito”.
“Porchiddio, a che ora arrivano per la spazzatura?”
“Porchiddio...porchiddio...”, la voce morì in un sussurro pieno di allusioni, lo schermo baluginò, diventò nero, comparve la scritta “Porchiddio not found”, poi la schermata ricomparve, come niente fosse stato.
Il vecchio fissò con odio lo schermo che campeggiava sulla parete, sottile come una pellicola, liscio e vellutato al tocco.
Diede un calcio alla cassetta di frutta su cui stava il gatto, fece traballare pericolosamente la fila di secchi impilati sin quasi al soffitto con cui raccoglieva l'acqua quando passava l'acquaiolo, mise direttamente le mani sui tasti e senza dire parola batté “orari ritiro spazzatura il giovedì”.
Uno schema lucente e colorato comparve come per incanto, si materializzarono orari modalità procedure percorsi.
Ecco, ecco. Sì, perfetto, oggi è il giorno dell'organico vegetale giallo-arancio, e del cartaceo cartonato non colorato.
Il gatto assentì pigramente, ancora offeso per il calcio. Si avvicinò al catino di rame in cui era acceso un piccolo fuoco. Era dicembre, faceva freddo, si sedette sulle zampe posteriori, accomodò la coda intorno al corpo, mentre Paolo sbirciava dalle persiane chiuse  giu’ sulla strada.  Guardo’ l’orologio: tra sette minuti sarebbero passati per il vicolo sottocasa. Per ventidue minuti. Poi, un intervallo di sei minuti.
Sì, ce l’avrebbe fatta!
Si preparo’: prese i due contenitori specifici, controllò di non fare confusione. Erano sedici quelli disposti nella stanza, occupavano quasi tutto lo spazio.
“E' facile sbagliarsi, poi chi li sente i  rumentisti accertatori?” disse al gatto.
Lo schermo brillò contento, la voce disse “Rumeni sentiti non disponibili”.
“Vaffanculo, troia!” urlò il vecchio, poi un attacco di tosse lo piegò in due, sputacchiò freneticamente, il gatto si tolse con mossa elegante dalla traiettoria, si riprese, stette in ascolto. Un’eco lontana di voci collettive rimbalzava su un’altra ancora piu’ lontana fino a perdersi in una striscia di brusio indistinto, ma tenace.
Urla di comando striate sotto un cielo che cominciava a stellarsi. Da via Carso la grande distesa d'acqua dove un tempo era La Spezia pareva un sudario da cui i mozziconi di palazzi spuntavano come denti marci.
Ecco i suoi: il rombo vociante si avvicino’ lentamente. Parole straniere e passi sulla pietra antica. Tanti passi, tante voci, piccoli lampi di foto in lontananza.
Pronto? Si’…. accanto alla porta. Scarpe di gomma, l’occhio all’orologio.
Una virtu’ ce l’avevano, si’: la puntualità. Il rispetto rigoroso dei tempi di percorrenza.
Ecco…ecco gli ultimi…stanno passando…sono passati.
Presto! Presto!
Ma ce l'aveva fatta. Ripensò al presente su cui rotolava un futuro che era come adesso. Presuro. C'era stato il passato: lui c'era stato, stato sì, era un participio passato. Per l'appunto. Una volta c'era una città laggiù, adesso erano tutti sparsi sulle colline, e le lampade ad acetilene cominciavano a punteggiarle, sino a San Venerio. La corrente elettrica una volta serviva per illuminare, adesso era solo per il computer domestico. Guardò la ghiacciaia che gocciolava. Il ghiaccio era finito, la legna era finita, la spazzatura riempiva la casa, ordinatamente divisa.
Teneva da parte gelosamente ogni tipo. Quando passavano non era previsto il mancato conferimento. Se uno non dava almeno qualcosa rischiava una sanzione. Protestato, sì aveva protestato. 16 tipologie diverse, ogni tre giorni due raccolte, se cadevano di domenica slittavano, se cadevano di venerdì saltavano, facevano...facevano...
Si strappò i capelli a ciocche, si dette dei pugni sulla testa, ansimava, non riusciva a fare il conto, c'era l'organico verde che era lì da 47 giorni e quello rosso con gli avanzi di carne da 34 e la puzza era tremenda.
“La puzza...” disse alla luna che si specchiava sulla laguna.
“Puzza, sostantivo femminile, Putza, pianura ungherese” flautò la voce.
Afferrò la pistola che teneva sotto il materasso per difendersi dai gabbiani-tigre. Il gatto assentì. Gli piacevano quegli uccelli da mangiare. Mirò allo schermo. Il gatto stupì. Si infilò la canna in bocca. Era ancora calda. Perchè non fusente?, pensò.
“Fanculo”disse. Allo sparo il gatto fuggì.


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